Lea Melandri discute “La porta delle madri” di Manuela Fraire
“Il riferimento alla psicanalisi, se non alla pratica analitica, diventava imprescindibile per non sottrarsi a vie di fuga ideologiche. Intorno a questo interrogativo si sono mossi per un decennio i gruppi femministi dell’autocoscienza e della pratica dell’inconscio, per prendere poi negli anni successivi strade diverse.
A riportarmi alle esigenze radicali e presto abbandonate di quegli inizi è stato il libro illuminante di Manuela Fraire, La porta delle madri, Cronopio 2023. Femminista e psicoanalista, Fraire si è trovata nella situazione ideale per ripercorrere la storia di un movimento che, per quanto radicale nella sua ridefinizione della politica, si è tuttavia lasciato dietro molti tabù o zone oscure, enigmatiche: prime fra tutte, la maternità e l’amore, i ruoli genitoriali considerati ‘destino naturale’ del maschio e della femmina, la famiglia patriarcale nel suo assetto binario, come coppia formata da un uomo e da una donna. ‘Nella differenza sessuale c’è un resto che per la psicoanalisi è il sessuale (…) In alcune posizioni femministe si tende a non fare distinzione tra genere e sessualità’, e questo porta, è la conclusione, a ‘una deriva desessualizzante’.
Nel momento in cui era necessario chiedersi quanto la modificazione di sé, legata alle pratiche dell’autocoscienza e dell’inconscio fosse in grado di ‘sconvolgere’ i saperi e i linguaggi che avevamo appreso senza poter scegliere, per una parte consistente del femminismo il rapporto tra sessualità e simbolico aveva visto il linguaggio mettere a tacere il desiderio erotico, il sesso scomparire dietro le ‘pratiche discorsive’ (I. Dominjanni)”.