11. Gabriel Tarde In questo saggio breve e brillante pulsa il cuore dell’intera opera di Gabriel Tarde, il grande rivale di Durkheim, il filosofo amato da Bergson, l’ispiratore del Canetti di Massa e potere e poi di Gilles Deleuze e di Félix Guattari. Che cos’è una società? La risposta suona ancora sorprendente quanto rivelatrice: non un tessuto di relazioni economiche né un insieme di legami giuridici, ma “una forma di sogno, un sogno su comando e un sogno in azione. Non avere che idee suggerite e crederle spontanee: tale è l’illusione del sonnambulo come dell’uomo sociale”. 10. Jean-Luc Nancy “Il teatro è la cessazione del segreto, se il segreto è quello dell’essere in sé o quello di un’anima ritratta in un’intimità. È l’in se stesso o l’intimità che come tale esce e si espone. È il ‘mondo come teatro’ così come lo conosciamo fina da Calderon e Shakespeare, ma così come in effetti tutta la nostra tradizione – almeno fina dalla caverna platonica – l’ha rimuginato, quel ‘mondo come teatro’ in quanto verità, proprio come e proprio perché il corpo si rivela la verità dell’anima: verità che si spinge anch’essa sulla scena o più precisamente verità che fa scena”. (Jean-Luc Nancy) 9. Pierandrea Amato 8. Jean-Luc Nancy Partendo da un’interrogazione sul significato e l’eredità del ’68, Nancy delinea la propria idea di democrazia. Tra il Maggio francese e la “verità” della democrazia c’è infatti un legame profondo, perché il ’68, che aveva tra i suoi obiettivi polemici non solo il capitalismo, ma anche una certa forma della politica e della democrazia gestionale, ha inventato una nuova idea della democrazia compatibile con il comunismo nella sua forma più alta. “La democrazia non ha sufficientemente capito che doveva essere anche ‘comunismo’ in qualche modo, perché altrimenti non sarebbe stata che gestione delle necessità e dei compromessi, priva di desiderio, cioè di spirito, di soffio, di senso”. La “democrazia” non è, come nelle teorie politiche del mondo antico, una forma di governo determinata né, come in quelle della modernità, un principio della politica che si esaurisce nella rappresentanza parlamentare. La democrazia è piuttosto una sorta di condizione preliminare che mette in gioco il destino dell’uomo nel suo complesso e apre lo spazio all’invenzione non di fini ultimi, ma di mezzi in grado di elaborare nuove forme non solo della politica, ma anche dell’arte, della letteratura, dell’esistenza umana individuale e collettiva.
7. Hannah Arendt “La moderna questione ebraica nasce nell’illuminismo; l’illuminismo, cioè il mondo non ebraico l’ha posta”. Con queste parole ha inizio il saggio Illuminismo e questione ebraica, inedito in italiano, scritto da Hannah Arendt all’età di venticinque anni e pubblicato ancora prima della sua fuga della Germania nazista. Per la lucidità dell’analisi, la limpidità della scrittura e il rigore argomentativo, queste pagine sono ben più che un semplice documento storico e biografico e restano a tutt’oggi una delle migliori esposizioni delle contraddizioni e delle aporie che hanno accompagnato, fin dall’inizio, l’assimilazione degli ebrei d’Europa. Analizzando le posizioni di grandi pensatori illuministi, ebrei e non, come Lessing, Mendelssohn e Herder a proposito di quella che da Marx in poi sarà chiamata la “questione ebraica”, la Arendt, di cui l’anno prossimo ricorre il centenario della nascita, ricostruisce le premesse dell’antisemitismo tedesco, da una parte, ma anche concetti come educazione, tolleranza, umanesimo. Il testo, conciso ed efficace e diretto a un ampio pubblico, pone con forza una questione che oggi ci appare decisiva: quella del rapporto fra religione e società civile. 6. Gilles Deleuze Cronopio pubblica la prima traduzione italiana della conferenza di Gilles Deleuze tenuta ad un convegno su Michel Foucault a Parigi nel 1988. In questa conferenza, che è anche la sua ultima apparizione pubblica, Deleuze riflette su quel concetto, così decisivo nell’opera di Michel Foucault, che è il dispositivo e al quale non aveva dedicato molto spazio nella sua monografia su Foucault (Cronopio 2002). Concetto polimorfo e trasversale che interrompe e biforca linee e tracciati univoci, che attraversa saperi e discipline, epoche storiche diverse mettendoli in rapporto con il nuovo e l’attuale, il dispositivo è essenziale non solo per comprendere le strutture e le strategie del potere, ma anche i processi di soggettivazione.
5. Valerio Romitelli Non può stupire l’accoglienza che alla storia partigiana riserva un siffatto nostro tempo, dominato com’è dalla sensibilità neoliberale. Che interesse può avere oggi ricordare la loro esperienza fatta di accettazione e di disprezzo della sofferenza individuale, di coraggio, del dare e del subire la morte come normalità quotidiana? Niente osta a che tale esperienza sia catalogata assieme agli orrori di cui il Novecento avrebbe il primato. Odiosa come odioso pare questo secolo. 4. Michel Foucault Prima traduzione italiana di due conferenze di Michel Foucault tenute alla radio nel dicembre del 1966 e pubblicate in Francia su CD nel 2004. In queste due conferenze il filosofo francese, passando in rivista luoghi fantastici e quotidiani, remoti e iperreali, si interroga sul rapporto, spesso conflittuale, fra il corpo e lo spazio in vari ambiti: nella vita privata, nella vita pubblica, nelle arti visive e nell'architettura. Scritte in uno stile semplice, vivace e ironico, le due conferenze anticipano alcune delle idee che Foucault avrebbe sviluppato negli scritti degli anni '70, soprattutto in "Sorvegliare e punire". Nonostante la ricchezza concettuale, il volume si rivolge a un pubblico ampio e non solo a quello specializzato in filosofia. 3. Alain Badiou Attraverso una sintetica panoramica degli avvenimenti che hanno caratterizzato la nascita e lo sviluppo della Comune di Parigi e le sue conseguenza, in questo libro Alain Badiou offre una originale analisi del fenomeno attraverso i concetti di "sito", "singolarità" ed "evento" portando il lettore alla conclusione che la verità della Comune consiste nel far venire all'esistenza politica qualcosa che prima non aveva valore di esistenza, e che tale verità ha come necessità la nascita di una nuova disciplina «[...] quando cioè una dichiarazione è attiva nella forma di una disciplina collettiva precedentemente sconosciuta. Non bisogna, infatti, mai dimenticare che coloro che non sono niente possono accettare la scommessa delle conseguenze del loro apparire, solo nell'elemento di una nuova disciplina - che è una disciplina pratica del pensiero». 2. Claude Lanzmann cura, traduzione e postfazione di Federica Sossi 1. Gilles Deleuze Il libro raccoglie gli interventi di Gilles Deleuze e François Châtelet dedicati alla questione palestinese, pubblicati nel 1983 su invito della "Revue d'etudes palestiniennes" diretta dal leggendario Elias Sanbar, all'indomani del massacro di Sabra e Chatilla. Gli scritti dei due filosofi - tra i maggiori del '900 - sono di sconcertante e commovente attualità. In particolare, l'intervento di Deleuze dal titolo Grandezza di Yasser Arafat, animato da una 'rabbia' politica che difficilmente si ritrova nelle altre sue opere, liquida e chiarisce definitivamente tutta una serie di questioni: dalla visione religiosa che Israele continua a mantenere nei confronti dell'olocausto, al nuovo tipo di colonialismo praticato nei territori palestinesi che unisce espulsione geografica e genocidio; dalla cupa e tragica solitaria grandezza di dimensione shakespeariana che avvolge Arafat, fino alla fatale premonizione di quanto sta avvenendo oggi in Medioriente al popolo di Palestina in seguito all'11 settembre: la spirale del terrorismo integralista che rende impossibile il raggiungimento della pace con Israele.
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